Primo capitolo (1972) di una trilogia (con "The Delightful Forest" e "I Sette Guerrieri del Drago") che si basa sull'omonimo testo classico si tratta di un film che a dispetto del cast stellare "Le Sette Spade del Drago" (The Water Margin, Seven Blows of the Dragon o Outlaws of the Marsh) non è un film strapieno di azione. Certamente ci sono alcune sequenze di battaglia impressionanti e un paio di scontri corpo a corpo molto ben filmati, ma, considerando la durata di 120 minuti, non sono così frequenti.
La colonna sonora è un po' particolare e oscilla tra musica "spaghetti western" e "rock progressive" europeo.
All'inizio del film si è immersi in una serie di introduzioni che dovrebbero chiarire un po' una storia che nella pellicola inizia a partire dal capitolo 64 del romanzo al quale si ispira, dopo di che la trama inizia a farci seguire le vicende di alcuni banditi in cerca di giustizia, per poi concentrarsi principalmente su un paio di personaggi che si rivelano i protagonisti principali rendendo così l'intera narrazione molto più facile da assimilare. Oltre a questi due personaggi, molto diversi ma comunque eroici, il resto del cast entra ed esce dalla storia con ruoli più marginali.
Il vero soggetto del film sembra essere, in realtà, questo manipolo di uomini forti e coraggiosi; Il "bello" (David Chiang) brama di unirsi ad un gruppo che agisce in base ai principi cavallereschi di lealtà, libero da dipendenze politiche e sociali, e di darsi all'azione violenta e spontanea. E' evidente, sin dall'inizio del film, quanto egli desideri entrare a fare parte di detto gruppo di guerrieri muscolosi, sudati, sporchi e violenti, di tale compagnia di gioventù e ferocia.
Anche la regia (soprattutto essa, visto che parliamo di Chang Cheh) dalle prime scene, e poi durante tutto il film, esprime la gioia di una comunità virile, e un piano d'insieme che descrive compagnie di soldati a cavallo, e, ancora, fa uso di zoom velocissimi per isolare un volto, un fascio di muscoli sudati e in tensione, così come, ad esempio, nella scena finale nella quale decine e decine di uomini si combattono in una radura collinosa, e un colpo, un movimento, un personaggio viene isolato e/o rallentato dalla telecamera per poi mostrarci l'armata a cavallo, non semplice somma di guerrieri ma compagnia fieramente unita, che si allontana all'orizzonte.
I protagonisti sono gli stessi delle altre due capitoli di questa serie della Shaw Brothers, anche se talvolta interpretano ruoli diversi.. ciò che non si può non notare, invece, è il ponte che è presente sia qui che in "La mano sinistra della violenza" (come dimenticare lo scontro/carneficina tra David Chiang e un centinaio di guerrieri destinati a divenire loro stessi con i loro corpi agonizzanti la personificazione concreta della furia della vendetta, l'effetto di una violenza immane dovuta alla potenza incontenibile di un uomo il cui dolore esplode in qualcosa di mai visto prima, e forse neanche dopo?).